La materia di cooperazione amministrativa in ambito fiscale tra gli Stati membri ha subito diverse modifiche. La Commissione europea ha esaminato i flussi derivanti dallo scambio automatico di tali informazioni nell’arco 2015-2017 ed emerge un risultato positivo, evidenziando però la necessità di miglioramenti.
Risultati raggiunti
La legislazione comunitaria ha visto diversi interventi denominati DAC (Directive on Administrative Cooperation). Il report finale della Commissione si è limitato ad analizzare quali risultati sono stati raggiunti alla luce degli obiettivi fissati dalle seguenti direttive:
- La DAC1 (2011/16/UE) imponeva come obiettivo per gli Stati membri l’invio, entro il 2017, delle informazioni relative ad almeno tre delle cinque categorie di reddito e di patrimonio: ovvero redditi da lavoro dipendente, compensi per dirigenti, prodotti di assicurazione sulla vita, pensioni, nonché proprietà e redditi immobiliari. Negli anni d’imposta 2015, 2016 e 2017 (solo primo semestre), sono stati complessivamente raccolti dati di 16 milioni di contribuenti per un controvalore di 120 miliardi di euro. A livello di flussi, i Paesi di emigrazione si dimostrano come grandi destinatari di informazioni. Nel complesso appena il 2% dei contribuenti per i quali ha avuto luogo uno scambio di informazioni è stato associato al relativo codice di identificazione fiscale (nome e data di nascita) emesso dal Paese destinatario. In merito alla fruibilità dei dati si osservano differenze in base al tipo di informazione trasmessa: elevate le percentuali di collegamento per le posizioni comunicate in relazione a redditi di lavoro dipendente e pensioni. Infine le modalità di utilizzo più frequenti delle informazioni sono la valutazione dei rischi e gli accertamenti dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.
- La DAC2 (Direttiva 2014/107/UE) riguardava lo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari (saldo di fine anno dei conti, dividendi, interessi, introiti lordi e altri redditi di capitale versati sul conto durante l’anno). La DAC2 attua in ambito Ue lo standard comune di comunicazione di informazioni elaborato dall’OCSE. Nel semestre compreso tra la metà di settembre 2017 e marzo 2018 sono state scambiate informazioni relative a quasi 9 milioni di conti, con il Lussenburgo che valorizza l’80% per valore degli importi sul totale di 2.919 miliardi di euro. L’inclusione del codice di identificazione fiscale è molto più frequente rispetto alla DAC1, in quanto le istituzioni finanziarie adempiono agli obblighi di verifica della clientela. Anche in questo caso la valutazione dei rischi risulta essere la ragione di utilizzo più comune delle informazioni, seguita dagli accertamenti fiscali. Molti Stati membri hanno riferito di aver utilizzato le informazioni anche per campagne di sensibilizzazione.
- La DAC3 (Direttiva 2015/2376/UE) prevedeva invece la condivisione di informazioni sui ruling preventivi transfrontalieri e sugli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento emanati nei confronti di una persona o di un gruppo di persone diverse dalle persone fisiche. La DAC3 ha prodotto un significativo aumento della trasparenza delle informazioni. Nel 2017 nel registro centrale sono stati inseriti quasi 18.000 ruling. In considerazione della recente implementazione, al momento non si hanno indicazioni in merito all’utilizzo delle informazioni.
Conclusione
Il beneficio principale dello scambio automatico delle informazioni consiste nel fornire alle amministrazioni fiscali informazioni utili per contrastare i fenomeni di frode, evasione ed elusione fiscale transfrontaliera. Risulta difficile, invece, quantificare i benefici in termini di aumento del gettito fiscale. Le informazioni acquisite con lo scambio automatico, infatti, rappresentano nella maggior parte dei casi solo una parte di quelle utilizzate per la valutazione di maggiori imposte. Più concretamente, i dati ricevuti automaticamente dall’estero contribuiscono a delineare il profilo di contribuenti a rischio. Da non dimenticare, infine, un altro importante beneficio che risiede nell’effetto deterrente nei confronti dei contribuenti, legato all’incremento dell’utilizzo di informazioni oggetto di scambio.